Come avremmo voluto riprendere la scuola.

Premessa: l’attuale situazione è senza precedenti ed è indubbiamente complessa e di difficile gestione. Al netto di questa doverosa riflessione, tuttavia, resta la sensazione di impreparazione che caratterizza questi giorni antecedenti l’inizio della scuola. Sono trascorsi molti mesi dall’inizio della pandemia, eppure ancora poco sembra essere stato pianificato in termini di gestione scolastica.

ALL’ESTERO- In Germania si è optato per un rientro con misure molto blande: nessun distanziamento, obbligo di mascherina solo per gli spostamenti fuori dall’aula. Si sono verificate alcune chiusure di istituti e sono stati isolati alcuni gruppi e classi dove erano stati trovati degli alunni positivi al Covid. In Francia il reintro è stato maggiormente regolamentato; con una ripresa volontaria a fine maggio e giugno e un rientro previsto con distanziamento (un metro quadrato per alunno, mascherine e gel disinfettante a disposizione). Le regole di classe risultano severe: non si prestano oggetti, si disinfettano mani dopo ogni azione (bagno, bere, mangiare…) Alla luce dell’aumento dei casi, il Ministro dell’Istruzione francese ha tuttavia comunicato che valuterà l’opportunità di un rientro in presenza. La Danimarca è stata tra i primi paesi a riaprire le scuole, con misure molto precise. I bambini hanno ognuno il suo banco, a due metri di distanza dagli altri. Le classi sono state divise in due o tre sottogruppi, ognuno con la sua aula e il suo insegnante. Durante la ricreazione possono giocare solo con gli altri membri del loro gruppo e devono lavarsi le mani almeno una volta ogni ora. Inoltre gli insegnanti stanno cercando di spostare le lezioni all’aperto per quanto possibile. La maggioranza degli Stati USA ha chiuso le scuole; eppure ora, in vista di settembre, la rete dei Centers for Disease Control and Prevention in un documento chiede di riaprirle: al vaglio di una trentina di studi disponibili a oggi, c’è scritto, «il Covid-19 pone rischi bassi in età scolare, perlomeno in aree dove la trasmissione comunitaria non è alta».
Appelli simili sono stati firmati dai pediatri del Regno Unito (dove solo da settembre tornerà l’obbligo, e le scuole hanno riaperto finora in modo disomogeneo) e tedeschi.

Non esiste quindi una via priva di rischio ma esistono modalità più razionali ed efficaci per alunni, famiglie e docenti.

COME AVREMMO POTUTO FARE? Alcune indicazioni, avanzate dal dott. Crisanti professore ordinario di Microbiologia all’Università di Padova, ci sembrano praticabili e di buon senso.

Per la scuola  bisogna che tutti noi abbiamo chiari quali obiettivi si vogliono raggiungere e a mio avviso sono quattro: il primo, impedire che il ritorno a scuola coincida con una trasmissione della malattia tra gli alunni; secondo, proteggere il personale docente e non docente della scuola; terzo, proteggere la comunità perché la scuola non diventi un moltiplicatore di infezione; quarto, proteggere dal punto di vista legale, amministrativo e penale i presidi“.

Questi quattro obiettivi si esplicitano in quattro misure preventive:

  • Con la misurazione della febbre a scuola con termometri standardizzati, e non a casa;
  • Attraverso una norma che renda obbligatoria la vaccinazione contro l’influenza per tutta la comunità scolastica;
  • Una soluzione normativa a favore dei Dirigenti Scolastici contro il rischio di denunce penali nei loro confronti;
  • Consentire ai Dirigenti Scolastici di poter interdire l’accesso a scuola a quegli studenti che risiedono in aree dove ci sono in corso focolai.

Già con queste quattro iniziative si potrebbe partire in modo più sereno.

Resta il fatto che quest’anno scolastico, comunque vada l’epidemia, sarà complesso da gestire e richiederà l’impegno di tutti noi per riuscire a gestire il carico emotivo e organizzativo che porterà con sè.

Come vi apprestate ad affrontare quest’anno? Avete dei consigli da condividere? Il vostro istituto come si sta attivando?

PER I DATI E LE NOTIZIE RIPORTATE si può fare riferimento a:

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